domenica, marzo 25, 2012

Achille e la Tartaruga

Secondo le norme attuali (come recentemente modificate dal Decreto Salva-i-ricchi), dovrei andare in pensione a 66 anni e 3 mesi, cioè nel corso del 2020.

Dal 2012 al 2020 decorrono 8 anni. Tenendo presente un "adeguamento della speranza di vita media" di 3 mesi all'anno (come sembra di capire dal sito INPS), questo orizzonte si allontanerà di altri (3x8=24 mesi) 2 anni, cioè nel 2020 scoprirò che la mia età pensionabile sarà diventata di 68 anni circa, spostando l'agognata data al 2022. Dal 2020 al 2022 passeranno altri 2 anni, quindi il tutto si sposterà presumibilmente in avanti di altri 3x2=6 mesi, ovvero nel 2023.

In altre parole, dopo 34 anni di ininterrotta vita lavorativa (allo stato attuale), dovrei andare in pensione a 69 anni. Se lavorassi in questi ulteriori 11 anni avrei accumulato 45 anni di lavoro. Altrimenti posso tranquillamente morire d'inedia, sollevando lo Stato dall'onere di dovermi pagare una pensione.

Il mitico Achille che insegue la Tartaruga e non l'ha ancora raggiunta... mi fa un baffo!

venerdì, marzo 02, 2012

Il ragionamento della bilancia

Leggo parecchie baggianate, specialmente negli ultimi tempi, tutte accomunate da questo (apparentemente) semplice ragionamento: se facciamo "questo", allora avremo risolto il problema "quellaltro". Come se fossero i due piatti della stessa bilancia. Ma se invece guardiamo meglio, scopriamo che "questo" e "quellaltro" non sono affatto i due piatti della stessa bilancia, e magari non sono nemmeno piatti di una qualsiasi bilancia.

Due esempi.

1. "Una maggiore facilità di licenziamento produce una maggiore occupazione". Qui si nasconde il fatto che non giochiamo a capacità produttiva e occupazionale costante (né a livello di tutta la società, né tantomeno all'interno di una singola azienda). Ci sono periodi storico-economici in cui semplicemente serve meno manodopera, e la maggiore facilità di licenziamento agevola la riduzione di manodopera. Stop. Con buona pace di tutti gli altri discorsi sulla tanto agognata stabilizzazione del lavori precari.

2. "La costruzione di una ferrovia veloce e capiente riduce il traffico su strada (principalmente delle merci)". Si nasconde il fatto che la concorrenza fra ferrovia e strada, tanto più per il trasporto merci, non dipende dalla disponibilità del mezzo, ma dalle esigenze di trasporto frazionato e dalle cattive abitudini alimentate per decenni da cattive politiche infrastrutturali. Inoltre, l'uso del mezzo ferroviario dipende dalle specifiche realtà produttive che quella specifica ferrovia metterebbe in comunicazione, e, parlando più in generale, da un piano di sviluppo industriale nazionale, che non solo non esiste oggi in Italia, ma che non mi risulta che nessuno stia nemmeno mettendo in cantiere. Per "marciare a vista" si fanno bastare le infrastrutture esistenti, concentrandosi sulla manutenzione migliorativa. Per gli investimenti infrastrutturali serve ben altra "visione".

Conclusione: il "ragionamento della bilancia" nasconde spesso una velleità di risolvere "alla spiccia" problemi che tanto spicci non sono, né dal punto di vista sociale, né da quello economico.